Dipingere immagini generate da delle parole è un onore e un problema. C’è sempre di mezzo la questione della fedeltà al testo ma, con una certa pratica, si impara a individuare quegli interstizi del non detto che fanno la fortuna degli anarchici. Gli scrittori di solito non hanno libri abbastanza lunghi per elencare tutti gli aggettivi necessari per metter con le spalle al muro gli illustratori, e questo fa sì che il margine per l’invenzione resti sempre percorribile come un’autostrada di notte. Basta avere i fari accesi.
Parlando sul serio…
Ho cominciato a pubblicare illustrazioni a 16 anni, quindi di acqua ne è passata sotto i ponti e a immagini si son sovrapposte nuove immagini e nuovi modi di vedere il mondo. L’incontro felice con la Mostra Internazionale della Fantasia di Sarmede e con alcuni dei suoi insegnanti (Zavrel, Octavia Monaco, Junakovic) deve aver dato i suoi frutti. Non è stato facile, ma ho imparato tanto. Colori e segni sono armi potenti. Per più di 10 anni ho seguito l’allestimento e la didattica della tappa monzese dell’esposizione in Arengario e Galleria Civica, in diverse edizioni mie tavole son state selezionate e hanno viaggiato per il mondo. Per anni ho pubblicato, poi ho cominciato a dipingere testi e spunti narrativi non necessariamente con committenze editoriali.